Da diversi anni la Campania è una delle regioni italiane che si è maggiormente contraddistinta per la capacità di valorizzazione del potenziale di innovazione di startup e PMI. In tale contesto, un ruolo determinante è stato ricoperto dallo sviluppo del Campus di San Giovanni a Teduccio che nel corso di pochi anni si è imposto come un vero e proprio HUB di innovazione ed un punto di riferimento nell’ambito dei progetti di rigenerazione urbana riconosciuto, tra l’altro, dalla Commissione Europea come una delle best practice più interessanti nel panorama europeo.
Ne parliamo con Giorgio Ventre, Professore Ordinario presso l’Università Federico II di Napoli e Direttore Scientifico dell’Apple Developer Academy, la prima delle iniziative di didattica innovativa nata nel 2016 all’interno del Campus di San Giovanni in collaborazione con la multinazionale di Cupertino e che ha aperto la strada ai successivi insediamenti di importanti realtà multinazionali quali Cisco, Deloitte, Accenture, Cap Gemini, Tim e altri.
La questione di base, a mio avviso, è sulla scelta del modello di sviluppo economico da adottare. E per un Paese come il nostro, ed in una Regione come la Campania che da un lato ha una grande tradizione nella formazione superiore e nella ricerca, e dall'altro ha un patrimonio ambientale e paesaggistico incredibile assolutamente da proteggere, direi che la risposta è quasi obbligata.
Dobbiamo necessariamente puntare ad uno sviluppo che si basi sul valore aggiunto nei prodotti piuttosto che sulla loro quantità; un valore che sia fatto di qualità e di capacità di innovazione, e che riesca a mettere a frutto la ricchezza che ci portano i nostri giovani talenti e ricercatori.
Ora però deve essere chiaro che una politica di sviluppo di questo tipo richiede investimenti continui e scelte coerenti, che consentano così il rafforzamento di quello che viene definito l'ecosistema dell'innovazione. Investimenti nelle nostre Università e nei nostri centri di ricerca, e in azioni che premino ed incoraggino il trasferimento tecnologico verso le imprese, dalle più grandi alle più piccole.
Investimenti nella Scuola, per dotarla delle infrastrutture necessarie a fornire le competenze richieste ai cittadini ed ai professionisti del futuro. Investimenti per il miglioramento della qualità della vita nelle nostre città, perché nelle Economie della Conoscenza la guerra la si combatte non solo mantenendo i nostri talenti ma soprattutto attraendone dall'estero.
Alla luce della politica adottata a livello regionale, basata come dicevo prima su un insieme coerente di interventi sulle filiere produttive e non su eventi singoli che premino i "fenomeni", credo che le prospettive siano davvero positive.
E questo è testimoniato non solo dalla posizione di Napoli in questa "classifica" dell'innovazione ma anche dalla posizione di Salerno, che è nona, e dal saldo posizionamento di tutta la nostra Regione. Certo, le classifiche devono sempre essere considerate con prudenza, ma è innegabile che se vengono accompagnate da altri indicatori oggettivi, come per esempio il numero di startup campane finanziate da CDP Ventures con lo strumento di Seed al Sud, o il numero di imprese create da under-35, ebbene il quadro diventa più chiaro e, se possibile, anche più confortante.
Il caso di San Giovanni nasce dalla presenza contemporanea di alcuni fattori chiave: innanzitutto la presenza di una Università forte dal punto di vista della didattica e della ricerca e con una governance aperta a sperimentazioni ed alla collaborazione con il mondo della produzione.
In secondo luogo l'attenzione della politica regionale pronta a sostenere le iniziative con strumenti finanziari e con semplificazioni amministrative in grado di supportare non solo la creazione di infrastrutture ma anche l'impegno dei giovani attraverso borse di studio ed altre forme di sostegno.
Infine, la creazione di un modello di co-design nel quale anche alle imprese ed agli enti pubblici si dia la possibilità di partecipare alla definizione delle politiche di sostegno e dei relativi obiettivi. Credo quindi che in qualsiasi regione o area si realizzino queste condizioni sia possibile realizzare storie di successo come quella del nostro Campus; ovviamente adattandole alle caratteristiche ed alle specificità dei differenti territori. E non a caso, questo è l'approccio che è stato seguito dai recenti governi nazionali quando hanno progettato gli interventi per la creazione di Ecosistemi dell'Innovazione.
Il mio è un bilancio assolutamente positivo, fatto non solo di risultati concreti ma soprattutto di una rete di collaborazioni su scala nazionale e globale che ora sono a disposizione del nostro territorio. Certo rimangono diversi problemi, primo dei quali la complessità delle procedure burocratiche ed amministrative che sono davvero poco adatte alle esigenze di dinamicità e di concretezza tipiche del mondo accademico. Occorre ora continuare il lavoro di attrazione di investimenti da parte di grandi aziende multinazionali e di creazione di un tessuto vivace di startup e di PMI innovative che possano lavorare in filiera con i grossi soggetti globali.
Credo che sia una buona idea ma chiaramente qui la differenza la fanno le competenze che devono essere concrete. Quindi più che puntare a realizzare un "albo" di queste professionalità, direi di agire attraverso incentivi alle imprese perché si dotino di queste competenze sempre più necessarie. Sarà poi il mercato a fare emergere le figure più idonee a questo ruolo.
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