Il settimanale The Economist, già tre anni e mezzo fa, dedicò un lungo articolo alla rivoluzione fintech (“The fintech revolution”): “Dai servizi di pagamento, al wealth management, dai prestiti peer-to-peer al crowdfunding, un vero e proprio plotone di nuove startup ha preso come bersaglio il settore finanziario tendendo a totalizzare, secondo quanto stimato recentemente da Goldman Sachs, ricavi per circa 4,7 miliardi di dollari”.
Si tratta di una realtà talmete prorompente da incuriosire anche chi, ad oggi, non conosce (o conosce poco) il mondo fintech. Ma proviamo a comprendere esattamente cosa sia il “fintech”.
Tentare di fornire una definizione puntuale potrebbe dar luogo ad eccessive semplificazioni o, di converso, risultare troppo vasto nei contenuti. Ovviamente in questa sede ci sforzeremo di essere sintetici. Il Fintech è un vero e proprio sistema di società utilizzanti la tecnologia al fine di rendere la finanza altamente efficiente.
Le società operanti nel mondo Fintech, a ben vedere, operano in una serie di sotto-settori:
Una grandissimo numero di startup, a servizio di ciascuno dei compart sopraindicati, nascono proponendo nuovi modelli ed ottenendo capitali, con lo scopo (dichiarato nei singoli business plan) di aggredire nicchie di settori finanziari, con modelli operativi e gestionali sensibilmente distanti da quelli tradizionali. Si tratta di una modellistica e di una strumentistica tecnologicamente ed economicamente più efficiente, con vantaggi per la clientela misurabili in termini di velocità, di qualità e di customer experience.
La tecnologia esistente (invero in continua in evoluzione) consente, con grande probabilità, ad ognuna di queste micro-iniziative di innovare metodologie e processi del tradizionale sistema finanziario. L’unico ostacolo tuttavia risiede nella “mente” del consumatore che potrebbe distaccarsi con lentezza ed imbarazzo dal classico sistema finanziario, anche se quest’ultimo, paradossalmente, nel tempo, si sia sempre sforzato di offrire servizi innovativi alla propria clientela (ad esempio, le banche).
La fiducia, dunque, rappresenta l’elemento-chiave da conquistare nel settore fintech. Ciò va fatto anche in misura più attenta ed efficace rispetto a quanto realizzato in altri settori di largo consumo (si pensi ai viaggi, alle prenotazione negli alberghi, all’acquisto dei libri e di altri beni).
Al di là di queste diffidenze non v’è dubbio che la locomotiva del cambiamento rappresentata proprio dal Fintech, spinga ad una vera e propria “rottamazione” dei servizi bancari, da sempre gestiti da società-pachiderma che, ora, devono fare i conti con questa ventata di nuovo.
Nulla faccia tuttavia ritenere che ci si avvicini ad una scomparsa delle banche, ma semplicemente ad una profonda e radicale rivisitazione del loro modo di operare. Così come attualmente si parla, in modo diffuso, di e-commerce, tra pochi anni si parlerà di e-finance.
Volendo citare Paul Grady, partner di uno dei principali fondi di venture capital statunitensi, (Sequoia Capital), “Se volete sognare un po’, l’intero sistema finanziario potrebbe essere ridisegnato con nuove società che vediamo nascere oggi”.
Esattamente alla luce di quest’ultima, suggestiva, affermazione, ed al fine di non smettere mai di sognare, continueremo a parlarne. Magari approfondendo, nei prossimi articoli, ciascuno dei comparti, sopraelencati, in cui il Fintech va a coniugarsi e ad esprimere tutto il suo valore.
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