La legge finanziaria recentemente approvata è intervenuta in maniera significativa sul tema del credito d’imposta R&S.
Un aspetto estremamente positivo della vecchia normativa era rappresentato dalla circostanza che la misura, a differenza di altre misure rifinanziate di anno in anno, era intesa in maniera strutturale, permettendo quindi una certa pianificazione alle aziende.
Senza volere entrare nel dibattito più ampio in merito alla opportunità di avere norme agevolative rispetto al tema della gravosità delle attuali aliquote fiscali o dell’opportunità di un ben maggiore potenziamento della normativa in tema di favore verso il reinvestimento degli utili in azienda, non vi è dubbio che la vecchia normativa sul credito d’imposta per R&S è morta perché efficace nel sostenere il nostro sistema imprenditoriale in questo periodo di crescita asfittica.
Forse, direi, la normativa è stata troppo efficace, se il legislatore di fine anno 2019 ha ravvisato di dover mettere pesantemente mano. Immagino che siano stati percepiti o rilevati abusi, rimane da valutare se altre modifiche meno invasive avrebbero consentito un efficace contrasto di eventuali abusi, senza pregiudicare i risultati ottenuti dalla vecchia normativa.
Tuttavia, la ragione probabilmente predominante di quello che sembra un depotenziamento della efficacia della norma sta nei vincoli di bilancio, resi più stringenti dal dirottamento di fondi su misure più assenzialiste.
La vecchia normativa premiava l’incremento di spesa rispetto al triennio 2012-2014.
In realtà, l’arbitrarietà sottesa alla scelta di mantenere fermo il triennio di riferimento era stata superata dalla previsione introdotta dalla legge finanziaria dell’anno scorso di spostare il riferimento temporale della base su cui calcolare l’incremento all’ultimo triennio.
Il legislatore di fine anno 2019, con la legge finanziaria all’articolo 1 commi 198-206 ha stravolto completamente l’impianto.
Da una parte, infatti, il legislatore ha superato il concetto di spesa incrementativa prevedendo di premiare l’intero investimento annuale in R&S , dall’altra ha ridotto l’aliquota di agevolazione, ha eliminato ogni differenziazione di aliquota legata alla tipologia di spesa ammissibile (pur prevedendo meccanismi di maggiore riguardo per le spese del personale, a certe condizioni) e soprattutto ha ritenuto di dovere specificare la definizione di ricerca e sviluppo ai fini dell’applicazione di questa normativa.
E su questo ultimo aspetto è immaginabile che ci sarà ampio dibattito.
Il legislatore al comma 200 ha definito come “attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta le attività di ricerca fondamentale, di ricerca industriale e sviluppo sperimentale in campo scientifico o tecnologico, come definite, rispettivamente, alle lettere m), q) e j) del punto 15 del paragrafo 1.3 della comunicazione della Commissione (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014, concernente Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione”.
Non credo che occorra attendere il “decreto del Ministro dello sviluppo economico, da pubblicare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge”, con il quale saranno “dettati i criteri per la corretta applicazione di tali definizioni, tenendo conto dei princìpi generali e dei criteri contenuti nel Manuale di Frascati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppoeconomico (OCSE)” per pensare che siamo in presenza di una volontà di forte restringimento dell’ambito di applicazione di questo credito d’imposta.
Il legislatore, infatti, ha previsto un credito d’imposta differente nell’aliquota e nel massimale per le “attività di innovazione tecnologica”, diverse da quelle indicate nel comma 200 (attività di R&S in senso stretto, ndr), finalizzate alla realizzazione di prodotti o processi di produzione nuovi o sostanzialmente migliorati.
Anche in questo caso, oltre ad una attenta valutazione della lettera del comma 201 dove si specifica ulteriormente cosa s’intende per prodotto nuovo o processo nuovo o sostanzialmente migliorato, si deve attendere il “decreto del Ministro dello sviluppo economico previsto dal comma 200”, con il quale saranno “dettati i criteri per la corretta applicazione di tali definizioni, tenendo conto dei princìpi generali e dei criteri contenuti nel Manuale di Oslo dell’OCSE.
In definitiva, l’imprenditore che voglia pianificare al momento conosce che:
l’attività di R&S sarà agevolabile nella misura del 12% per un massimale, al netto di eventuali altre sovvenzioni e contribuzioni ricevute per le stesse spese, di 3.000.000 euro.
L’attività di innovazione tecnologica (anche attività di design e ideazione estetica) sarà agevolabile nella misura del 6% (10% per attività di transizione ecologica o innovazione digitale 4.0) per un massimale, al netto di eventuali altre sovvenzioni e contribuzioni ricevuti per le stesse spese, di 1.500.000 euro.
Le spese ammissibili alle condizioni e limiti indicati nella normativa sono:
In astratto, una impresa può godere di entrambi i crediti d’imposta purchè le attività siano tenute distinte ai fini della rendicontazione.
Ricordiamo infine, anche questa una innovazione (non certo in melius), che il credito d’imposta spettante è utilizzabile esclusivamente in compensazione, in tre quote annuali di pari importo, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello di maturazione, subordinatamente all’avvenuto adempimento degli obblighi di certificazione, che sono sostanzialmente confermati, assieme alla conferma dell’obbligo di redazione e conservazione della relazione tecnica.
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